LA GRANDE BELLEZZA

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"È FACILE ELOGIARE LA FLORIDA PER IL SUO ASPETTO SEMPLICEMENTE ELEGANTE, MA PER APPREZZARE APPIENO LA SOTTILE COMPLESSITÀ DEL SUO DESIGN È NECESSARIO UN TOUR DE FORCE DELLO STATO DELL’ARTE NEL DESIGN"

a colloquio con Paolo Tumminelli.

ALCUNE AUTO SONO VELOCI, altre belle, altre ancora innovative. Altre, pochissime, forse da potersi contare sulle dita delle mani, sono tutte e tre queste cose e anche di più. Ci sono modelli, disegni, che hanno segnato la storia, iniziato uno stile, anticipato i tempi. Una di queste è il coupé Florida di Pininfarina, un pezzo unico oggi di proprietà di Corrado Lopresto. Auto di straordinaria bellezza, ha partecipato al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este 2023, rappresenta un unicum nel suo genere.

Ne parliamo con Paolo Tumminelli, professore, designer, scrittore e tra i massimi cultori del motorismo mondiale.
Cosa ha ispirato questo gioiello chiamato Florida?
«Esposta al Salone di Torino nell’aprile 1955, la “coupé Florida a quattro posti su telaio Lancia Aurelia B55” fondeva i profumi dell’architettura, della moda e dell’arte in una nuova fragranza, una miscela esotica che sintetizzava l’essenza di due mondi: l’Italia e l’America, la santa madre e la terra dei sogni. La scelta di un nome gemello sembrava appropriata: Aurelia, l’antica via dorata di Roma,e Florida, lo stato americano fiorito e prospero. Catalizzatore del suo stile fu il conte Mario Revelli di Beaumont, decano dei designer di automobili freelance italiani. Nato aristocratico e privilegiato nell’educazione e nei modi, Revelli era dotato di una predisposizione per l’ingegneria meccanica. Larghe vedute  arrotondavano il profilo di un giovane, i cui rapporti personali includevano i Savoia e gli Agnelli, i Re d’Italia e il Re delle automobili. La conoscenza con il proprietario della Fiat permise a Revelli di disegnare le più interessanti Fiat anteguerra, come la 525 SS e la berlina 6C 1500 aerodinamica, mentre l’amicizia con Felice Bianchi Anderloni della Touring Superleggera ha portato alla straordinaria linea Flying Star».
Un viaggio ideale dagli Stati Uniti allo studio di Pinin Farina?
«Dopo aver immaginato una city-car elettrica e la Giardinetta, la prima station-wagon in chiave lifestyle italiana, Revelli pensò che fosse saggio accettare un’esperienza come capoprogetto presso la General Motors tra il 1952 e il 1954. Al suo ritorno, era convinto che “l’America avesse bisogno della rapidità di comprensione e delle abilità pratiche degli artigiani del vecchio mondo, mentre l’Europa richiedeva il potente approccio scientifico in voga negli Stati Uniti’. Al Salone dell’Auto di Detroit del1954, il Conte ammirò la Ford Thunderbird, la cui forma definiva “un’espressione molto aggiornata del principio orizzontalista”. Il design statunitense, osservava inoltre Revelli, “tendeva verso linee sempre più tese ed era sulla buona strada per raggiungere un equilibrio con l’architettura”.
Revelli rientrò in Italia con la ferma convinzione della necessità di rivedere non solo i parametri, ma anche la metodologia del car design domestico.Ha senso immaginare Revelli appena tornato a Torino, immerso in uno dei suoi “frequenti, piacevoli ed utilissimi scambi di idee con Pinin Farina”. Il designer, che «schizza  un bozzetto per rappresentare una sua invenzione volta a superare il vincolo dell’ortodossia riguardante la forma del tetto di un’autovettura». Il carrozziere, che tira fuori il suo taccuino e traccia una sorta di pinne caudali, lunghe, sottili e appuntate, unite in un profilo a C. Nasceva così un tratto iconico del design Pininfarina: i contrafforti laterali che uniscono il tetto alla coda della macchina.

 

Le suggestioni progettuali di Revelli sono state convogliate nel design della Lancia Aurelia Florida. Una tipologia completamente nuova per il carrozziere, la berlina hard-top con parabrezza panoramico di Pinin Farina deve essere considerata una pietra miliare del design automobilistico e uno dei pezzi automobilistici più significativi di tutti i tempi»

Un progetto importante per la Lancia.
«Il 1955 segnava una svolta storica per Lancia, azienda familiare sull’orlo del fallimento. Carlo Pesenti, il Re italiano del cemento, barattò il suo credito per la costruzione della sede della Lancia con una partecipazione nella società e iniziò  a pianificare un’acquisizione completa. Senza soldi per uno sviluppo sostanziale, la famiglia Lancia aveva bisogno di un modello di studio che dimostrasse il potenziale futuro del pianale Aurelia e aumentasse così le loro speranze di vendere a buon prezzo. Sentendosi in dovere verso gli eredi di Vincenzo Lancia, che considerava un padre, Pininfarina prese in consegna l ’ultimo lotto di telai Aurelia e nell’arco di pochi mesi realizzò il magnifico duetto Florida: un coupé hardtop a due porte e una berlina a quattro porte presentata al Salone di Parigi nello stesso anno».
Due auto simili?
«No. Sebbene identiche nel concetto e nello stile, le due vetture sono completamente diverse nell’aspetto. Una qualità che risulta evidente solo ora, dopo che la B56-1002, la coupé hardtop modello unico, si è unita alla B56S-1006, l’ultima delle quattro Berlina mai costruite, per formare uno dei pezzi forti dell’acclamata Collezione Lopresto. Sportiva e filante la coupé, iimponente ed elegante la berlina. Equipaggiata con il V6 da 2,2 litri della Lancia B12, dopo un miglioramento del telaio da B55 a B56 per impieghi gravosi, nel giugno 1955 la  show car torinese e best-of-show al concorso Rose d’Or di Ginevra fu consegnata ad Antonio Melandri, che in seguito presentò la vettura ai concorsi di Cortina d’Ampezzo e Roma. A quel punto, i passaruota risultavano modificati con baffi sporgenti. I lavori di carrozzeria hanno comportato un sovrapprezzo di 1,8 milioni di lire rispetto agli 1,6 milioni del telaio, ma il prezzo finale di 3,4 milioni non sembra troppo alto considerando i 3,0 milioni per un’Aurelia GT o i
3,3 milioni per un’Alfa Romeo 1900 SS Touring».
Quali sono le caratteristiche della Florida di Corrado Lopresto, che possiamo osservare su queste pagine?
«Guardando l’originale Aurelia Florida, splendida dopo il meticoloso restauro conservativo tipico di Lopresto (gli interni originali, di freschezza minimalista, sono conservati) la sensazione è di una bellezza travolgente.

La sottigliezza del corpo è spettacolare, esaltata dalla deliziosa ariosità del padiglione vetrato sottolineato da una cornice cromata. I dettagli sono superbi, come si vede nelle lame cromate ultrasottili che circondano le luci secondarie superiori. La perfezione è raggiunta nell’identica inclinazione in avanti visibile nei montanti del tetto, nel taglio della porta e nel profilo anteriore e di coda. Se la disposizione dei proiettori può sembrare inizialmente sconcertante, gli insoliti parafanghi sottili e l’ampia griglia contribuiscono a snellire e alleggerire il frontale. Pinin Farina ha padroneggiato il maestoso chassis – il passo di 2910 mm è più lungo di una Mercedes 300 SEL - abbassando tutte le masse e proiettando i volumi in avanti. Come per magia, davanti a te appare non una Lancia del 1955, ma la nuova Ferrari del 1958».

L’elemento più importante nel design di questa auto?
«Il vero pezzo forte di questo design si rivela quasi invisibile. La vigorosa tensione delle superfici descritta da Revelli è sottolineata da una piega lineare quasi impercettibile nel metallo. È il Diedro, forse il contributo più geniale di Pinin Farina al design automobilistico. Invece di ricorrere a una striscia cromata per aggiungere un taglio di luce laterale secondo l’usanza americana,Pininfarina inseriva una piega origami, un diedro minimalista che gioca naturalmente con la luce del sole. La parte superiore del corpo risplende, mentre quella inferiore si scurisce, determinando un allungamento orizzontale del corpo. Il profilo a V
anteriore e posteriore amplifica l’effetto. Così facendo, Pinin Farina ha in gran parte preso in prestito dall’architettura. Nell’Aurelia Florida si ritrovano il “Less is More” di van der Rohe, la “Linea Diamante“ di Ponti e la famosa frase di Le Corbusier, “l’architettura è il gioco magistrale, corretto e magnifico dei volumi riuniti nella luce”.

 

L’Aurelia Florida ha stabilito un riferimento audace per i progetti a venire. Più ovviamente, ha generato la Lancia Flaminia del 1956, da cui Pinin ha derivato la sua coupé personale Florida II. Concettualmente e formalmente, le Florida ispirarono le grandi Mercedes-Benz S-coupé di Paul Bracq del 1961.Nel frattempo, Bill Mitchell prendevail posto di Harley Earl alla  General Motors e gradualmente inaugurava una nuova era di forme di auto filanti e taglienti di ispirazione Torinese.

La modernizzazione del design statunitense culminò nella Cadillac del 1967. L’Eldorado e la Florida non erano poi così lontani. Né lo erano Torino e Detroit».

 

Da un testo originale di Paolo Tumminelli / Road Rat 9  Qui

Foto Carrstudio e Archivio Lopresto

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