ZENITH
L’importanza di accettare sempre le sfide
La casa con la stella sta vivendo un momento estremamente positivo. Il suo ceo Julien Tornare ci racconta i progetti che la stanno positivamente distinguendo
di Paolo Gobbi
L’occasione è stata la vendita a Ginevra da Phillips del Calibro 135 Observatoire Unique Piece realizzato con un movimento d’epoca dal maestro Kari Voutilainen. In quell’ambiente, pieno di passione e di collezionisti entusiasti, abbiamo incontrato Julien Tornare, il ceo di Zenith.
La realizzazione di questo orologio è stata una scelta di comunicazione oppure commerciale?
«Per essere precisi si tratta di una vera e propria “brand equity” (ndr valore della marca, esprime la forza di un brand sul mercato).
Il passato di Zenith è davvero ricco ed è importante che le persone conoscano il più possibile la sua storia.»
Siete legati a dei modelli iconici molto apprezzati dagli appassionati.
«Quando si parla di Zenith impossibile non pensare all’El Primero. Non viene invece naturale parlare del nostro straordinario calibro 135.»
Come nasce l’operazione legata a questo calibro?
«Durante un pranzo insieme con Alexandre Ghotbi e Aurel Bacs, discorrevamo di ciò che abbiamo fatto insieme per il 50° anniversario dell’El Primero. Allora mi sono chiesto: “Cosa possiamo fare di più?” E Ghotbi mi ha chiesto se conoscevo il calibro 135. Volevamo inizialmente proporre una riedizione della versione commerciale, poi ci siamo resi conto che non sarebbe stato possibile farlo in tempi ragionevoli e allora Laurence Bodenmann, responsabile del patrimonio di Zenith, è venuta da me e mi ha detto che avevamo più di 20 calibri del 135 Observatoire, mai destinati alla vendita.»
Un vero patrimonio.
«Sì. Mi sono detto che se avevamo a disposizione più di 20 movimenti, il modo migliore per far rivivere un orologio sarebbe stato quello di prendere un movimento e proporlo al cliente, anche a costo di sacrificare un pezzo del nostro patrimonio. Attenzione, i movimenti erano grezzi, quindi dovevamo trovare qualcuno con un incredibile talento che ci potesse aiutare a finalizzarli. Parlando con Alex e Aurel, il primo nome che è venuto fuori è stato quello di Kari Voutilainen: inizialmente ci disse che non aveva tempo a disposizione, poi andando avanti con la trattativa, si ricordò che nella sua scuola di orologeria in Finlandia aveva lavorato proprio su di un calibro 135. Accettò quindi la sfida.»
Avete intenzione di lavorare con altri indipendenti?
«Questo progetto era un’occasione unica, dunque non potevamo sbagliare. Dovevamo lavorare con il migliore. Tuttavia, in un futuro, perché no?.»
Com’è stato collaborare con Kari Voutilainen?
«Bellissimo! Ed è stato anche piuttosto facile: alle volte capita che nel nostro settore ci siano dei personaggi con un ego smisurato. Nello scegliere Kari Voutilainen abbiamo ovviamente tenuto conto delle sue competenze, ma anche della sua attitudine al lavoro di gruppo e della sua semplicità, uno spirito in perfetta sintonia con quello di Zenith.»
La vostra immagine è quella di una marca che fa cose straordinarie, rimanendo sempre con un profilo friendly.
«Sì, è così! Proprio per questo motivo abbiamo scelto Kari Voutilainen: volevamo una persona esattamente come lui.»
Parliamo un po’ di Zenith. Oggi abbiamo visto la collezione Icons. Dal punto di vista di chi conosce questo mondo, è un’idea straordinaria. Come avete deciso di fare un’operazione così interessante per i collezionisti?
«Era molto importante il messaggio. La gente che compra gli orologi vintage a volte è soddisfatta, ma non sempre: alcune volte ha delle sorprese, si chiama il fattore rischio. Al contrario volevo offrire ai nostri clienti la certezza di acquistare un orologio che potrà essere tramandato di generazione in generazione, perché è nella nostra missione: la nostra marca è garanzia di storia e di eternità.»
Quello presentato recentemente è il secondo atto di Icons: vuol dire che la vostra idea ha funzionato?
«Sì, il feedback è stato più che positivo! E Kari è stata un’ulteriore conferma: se una persona come lui ha deciso di collaborare con noi è perché ha capito il potenziale del nostro lavoro.»
Cambiamo argomento: cos’è la piattaforma Dreamhers?
«È un modo di dare l’opportunità alle donne di raccontare le loro esperienze nello spirito di “Time to reach your star”, che sta alla base della filosofia di Zenith, dello spirito stesso di Georges-Favre Jacot quando ha cominciato il suo lavoro: la visione, l’idea di avere tutta la produzione nello stesso luogo. Abbiamo voluto creare una realtà dove le donne possono raccontare le loro esperienze in attività che spesso sono più facili per gli uomini e che avevano un sogno da realizzare e ci sono riuscite.»
Il mondo dell’orologeria in questi ultimi due o tre anni è cambiato tanto: qual è il ruolo di Zenith oggi?
«È quello di essere un esempio di atelier con un patrimonio consolidato: 157 anni di storia. Una Maison molto autentica, in quanto tutti i nostri orologi oggi hanno un movimento Zenith. Quindi storia e autenticità, ma rapportati con il mondo contemporaneo.»
Per soddisfare le tante richieste, aumenterete in futuro la produzione?
«Sì, la mia sfida oggi è quella di aumentare la produzione. Oggi realizzazmo circa 24.000 pezzi all’anno. La mia idea è di arrivare a 35.000 pezzi al massimo entro tre anni. Sempre, ovviamente, con movimenti di manifattura. Nel nostro atelier abbiamo a disposizione tutto lo spazio che vogliamo, l’unica sfida è trovare le persone.»